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Il Karate non si pratica solo nel dojo

Siete sicuri che senza Dojo non esiste Karate? Il Karate si pratica ovunque, vediamo come storicamente veniva praticato in questo breve articolo.

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Il Karate non si pratica solo nel Dojo 

Oggi molti praticanti sono abituati a pensare che il binomio Karate – dojo sia un legame indissolubile.

Il dojo è il luogo dove si pratica il Karate, e non ammettono discussioni su questo punto. Sia esso un dojo in stile nipponico, o una palestra scolastica, quello è il solo luogo dove praticare.

Qualcuno, ancora più rigido nei ragionamenti, non contempla nemmeno la possibilità di praticare in una palestra, dimenticandosi che il Karate si diffuse al pubblico prima tramite l’insegnamento nelle scuole e nei club universitari, e solo molto tempo dopo tramite i corsi nei dojo.

La realtà però è un’altra cosa.

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Gruppo di studenti della Itoman Shogakko (scuola elementare di Itoman) mentre praticano il kata Naihanchi, 1931 circa. 

Partiamo dal presupposto che il dojo, inteso come sala d’allenamento, è un concetto giapponese, mentre il Karate è un’arte marziale okinawense nata nel Regno delle Ryukyu (oggi Prefettura di Okinawa).

Già questo ci dovrebbe far comprendere che, in origine, il Karate si praticava altrove.

Dove? Ovunque fosse possibile farlo al riparo da occhi indiscreti, poiché la pratica non era ancora pubblica, e gli unici che lo praticavano erano i nobili.
Dimenticate le leggende sui contadini okinawensi. Un contadino non aveva energia, tempo e nemmeno l’occasione di poter imparare il Karate dopo il lavoro!

Il dojo è ovunque

Ma torniamo ai luoghi di pratica. Le famiglie dei nobili, e ovviamente la famiglia reale, potevano permettersi di invitare i grandi maestri nelle proprie residenze, al fine di addestrare i primogeniti nelle arti marziali.
Lo studiò delle arti marziali era infatti parte della formazione dei futuri capi famiglia, e questo è un elemento che troviamo in molte culture già a partire dall’antichità!
Anche la nobiltà minore, però, poteva accedere all’addestramento, che avveniva nei giardini di Shuri (es. nei pressi dell’Ochaya goten), nelle tombe di famiglia dei maestri (vedi foto), nei cortili delle case dei suddetti, o nei parchi.

Gli allenamenti, quindi, si svolgevano tutti all’aperto, sia di giorno che di notte! Solitamente, tra l’altro, si trattava di lezioni private.

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Due tombe Kame kobaka (tombe a guscio di tartaruga) tipiche del Regno delle Ryukyu. Gli allenamenti avvenivano nel cortile antistante l’altarino.

Uomini come Matsumura, Matsumora, Asato, Itosu, Motobu, Chibana, Funakoshi, Kyan, ecc, furono addestrati in questa maniera.

Niente sale d’allenamento, tatami, palchetti in legno, spogliatoi, o tutte le comodità di un dojo.

Con l’annessione del Regno delle Ryukyu all’Impero giapponese le cose iniziarono a cambiare, e pian piano il Karate venne aperto al pubblico, e insegnato in maniera non ufficiale tramite le scuole.
Grazie agli sforzi di Itosu sensei, la pratica del Karate nelle scuole divenne ufficialmente riconosciuta e iniziò a diffondersi, anche grazie agli sforzi dei suoi due allievi principali: Kentsu Yabu e Chomo Hanashiro.

Leggi anche: Karate Vs Boxe

I Dojo di Itosu

Tuttavia è bene ricordare che Itosu insegnò anche un Karate differente da quello scolastico, e lo insegnava presso la propria abitazione.
La differenza tra questi due tipi di Karate insegnati da Itosu venne sottolineata anche dal maestro Choshin Chibana, ma è evidente anche semplicemente confrontando le tecniche e le versioni dei kata insegnati nelle scuole con quelli tramandati agli allievi principali (ad es. il Pinan shodan scolastico non aveva tecniche a mano aperta, a differenza di quello “originale”).
Per approfondire l’argomento suggerisco la lettura di “Karate no buyuden – la storia eroica del Karate”, il quale contiene molti articoli inediti scritti dai grandi maestri del passato.

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Foto di fine anno della Okinawa Prefectural Middle School. Nel cerchio rosso Itosu sensei.

Parchi, giardini, cortili privati, tombe di famiglia, scuole, ma ancora niente dojo!
Eppure fino ad ora abbiamo parlato dell’epoca che vide i più grandi maestri di Karate della storia imparare o insegnare la nostra arte marziale. Questo dovrebbe far riflettere.

Il Karate iniziò ad esser insegnato nei dojo poco prima dell’avvento degli anni ‘20, anche se non si trattava di vere sale d’allenamento come le intendiamo oggi, bensì di cortili privati, a volte in terra battuta e privi di qualsivoglia pavimentazione o protezione. I dojo in stile nipponico, sebbene più piccoli di quelli del Giappone “continentale”, iniziarono ad essere utilizzati per insegnare Karate solo nel secondo dopoguerra.

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Kyan-Chibana1
I maestri Kyan e Chibana mentre insegnano nei rispettivi cortili

E oggi dove possiamo allenare il Karate?

L’allenamento del Karate, filosofia a parte, è quindi legato alla pratica al chiuso, in un dojo?
Come abbiamo visto, la risposta è no!

É quindi proprio necessario avere un dojo per poter seguire gli insegnamenti del proprio maestro? Evidentemente, la risposta è di nuovo no.
Basta aver voglia e volontà!
Specialmente nel periodo difficile che stiamo vivendo, chi ha veramente a cuore la pratica del Karate, chi ci tiene veramente a sostenere la propria associazione, la propria scuola e il proprio maestro, chi crede veramente nello slogan “sosteniamo lo sport!” si adatta anche a soluzioni diverse alla pratica nel dojo, come l’allenamento a distanza (lezioni on-line) o all’aperto.

Tutto il resto sono chiacchiere e retorica, che se valgono già poco in periodi normali, nella situazione odierna valgono nulla. 

Non ci è dato sapere quando potremmo tornare a praticare Karate nei dojo e nelle palestre, ma sappiamo ciò che possiamo fare oggi! Possiamo scegliere se continuare il nostro percorso e sostenere contemporaneamente anche la scuola di cui facciamo parte, o sederci sul divano e aspettare tempi migliori, con la consapevolezza però di dover poi recuperare ciò che abbiamo perso nel frattempo.

 

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