Guarda o ascolta l’intervista a Gabriele Cera, pro fighter di Karate Combat!
Trascrizione a cura di Chiara Casotto
Alessio Sorrentino: Ben ritrovati a tutti gli amici di Karateka.it! Stavolta la nostra Karate Talk sarà un po’ particolare, infatti ci sposteremo dal Karate sportivo più tradizionale, quello che siamo più abituati a vedere, per parlare di Karate Combat. Non lo farò io, ma avremo un ospite molto particolare. Benvenuto Gabriele! Come vi dicevo, Gabriele è un vero e proprio combattente: è uno degli atleti di Karate Combat, un’organizzazione sotto l’UFC se non sbaglio.
Gabriele Cera: Si, è una promotion che ha sede a New York. Il presidente, Ádám Kovács, è stato un grande karateka e campione europeo, che insieme ad altri cofondatori ha creato questa promotion che si avvicina molto come stile di organizzazioni, come stile di eventi e come regolamento ad organizzazioni come UFC e Bellator.
A: Gabriele prima di entrare nel pit, ovvero nella fossa (in inglese pit significa, appunto, fossa), hai calcato il tatami, giusto?
G: Esatto! Ho cominciato a sei anni, a Tivoli e ho iniziato con la pratica del karate Shito Ryu.
A: E hai iniziato subito con i combattimenti? Com’è stato il tuo percorso?
G: In realtà ho iniziato con i fondamentali, quindi con Kata, Kihon e Bunkai e fino ai quindici anni mi son dedicato solo a questo.
Poi comunque ero molto atletico, il maestro vedeva che volevo fare qualcosa in più e ho iniziato a combattere in palestra. Eravamo pochi, la palestra che frequentavo, e dove sono cresciuto, non era specializzata nel Kumite quindi poi è iniziato il mio vagabondaggio tra le palestre di Roma e tra i gruppi sportivi per poter migliorare sempre di più. Perché poi sono un po’ ossessionato: quando devo fare una cosa, la devo fare fatta bene! Sono del segno zodiacale dell’acquario e sono un po’ così!
A: E magari un po’ anche per l’influenza del Kata!
G: Senza dubbio! Quegli otto anni prima di approcciare il Kumite sono stati fondamentali perché, anche il fatto di andare in palestra e fare un po’ come il nuotatore che fa sempre le solite vasche, e quindi fare sempre quei 20-30 minuti di Kihon e fare il Kata che fondamentalmente è sempre lo stesso. Cioè, per ripetere un Kata dieci volte ci vuole tanta testa e una persona che non ha una mentalità forte, cede. Quindi proprio la mentalità che formano le arti marziali, soprattutto i Kata e i Kihon ti danno quella mentalità nel non mollare mai a stare lì e procedere, proprio perché fare sempre la stessa cosa, non devi mollare. Io penso che ad oggi sono qui anche per questo! Il Karate è questo!
A: Assolutamente!
Se ci dovessi fare un parallelo, tra il Karate Combat e il Karate sportivo che abbiamo visto alle Olimpiadi, quali sono differenze e comunanze tra queste due discipline?
G: Sono tantissime e faccio prima ad elencare quelle che sono uguali. Partiamo dalla scelta di tempo ovvero il lavoro di tempo e distanza, fondamentale per il karateka, che io ritrovo ancora oggi negli sparring settoriali che faccio. Settimanalmente mi alleno nel pugilato, mi alleno nella thai boxe, faccio allenamenti di lotta olimpica e di Karate Combat dove unisco tutti i lavori. Dal Karate mi porto anche il lavoro di gambe; poi tutto il resto è diverso: si avvicina ma è completamente diverso. Ti spiego perché: nel Karate Combat si fanno tre riprese da tre minuti, quindi tre minuti e uno di recupero (come nel pugilato), a contatto pieno e non c’è lo stop. Le differenze sono tantissime quindi dovrei magari spiegare un attimino il regolamento, così facciamo più chiarezza.
A: Certo, molto volentieri!
G: Funziona così: tre riprese da tre, contatto pieno. I colpi che si possono tirare di braccia sono: jab e diretto quindi kizami, si può tirare il gancio, si può tirare il montante, si può tirare il backfist (arriva quindi l’uraken): sono questi i colpi consentiti al viso e al corpo.
Per quanto riguarda i calci, si può colpire con la tibia. Quindi puoi anche dare un high kick e colpire con la tibia: è legale, si può fare da regolamento. I calci sotto la vita si possono tirare solamente sotto il ginocchio quindi a livello delle tibie, come fare un de ashi sulla gamba anteriore solamente che non è un modo per farlo cadere, ma un modo per far male, per recare danno sulla gamba. A corta distanza c’è la fase di clinch: l’arbitro non interrompe se il clinch è attivo. Se è attivo e con le regole da greco-romanista (quindi da presa a busto) porti a terra l’avversario, hai 5 secondi di tempo per scaricare le tecniche braccia quindi colpi diretti o ganci, non puoi tirare l’hammerfist.
Se vai a terra non puoi stare con entrambe le ginocchia a terra, quindi diventa molto vicino al Karate quando si fanno le proiezioni. Si possono fare, inoltre, i bloccaggi: se ti tirano un medio puoi bloccare, portare a terra e colpire. Si possono fare gli ingressi ad una gamba quindi come nel Wrestling.
Siamo, quindi, parecchio lontani dal Karate sportivo, per questo ti dicevo che durante la settimana devo affrontare tante sessioni di allenamento specifiche. Pugilato per le braccia, Thai per i bloccaggi e un po’ di Karate che comunque è importante. Poi ho la sessione di Karate Combat con il mio head coach, Luigi, con cui unisco tutto, perché è necessario creare degli automatismi.
A: So che ti sei allenato tanti anni con Ahmed, che è stato con noi due settimane fa.
G: Quando ero tesserato con la società di Tivoli, tramite alcune amicizie (ma anche prima in realtà), sono riuscito ad allenarmi con i gruppi sportivi dei Carabinieri per un anno circa. Ho fatto un periodo con loro e poi il gruppo sportivo ha chiuso ed ha riaperto recentemente.
Poi comunque c’è stata una forte amicizia, (e c’è ancora) con Michele Giuliani che mi ha dato tanto anche lui: ci siamo allenati insieme veramente per tanti anni ad Ostia, nel gruppo sportivo delle Fiamme Gialle e poi c’è stato il passaggio nella società Domar Sporting Club di Baldassari, dove c’era pure Ahmed quindi sono stato un bel periodo con loro e poi con il maestro Andrea Torre, che fa parte della Nazionale.
A: E come ce lo vedi Ahmed nel Karate Combat?
G: Lui è forte, è davvero forte! Mi ricordo che ho fatto i primi incontri con lui e non riuscivo mai a batterlo. Ha una velocità assurda e un tempo mostruoso.
A: E infatti agli ultimi Mondiali l’ha dimostrato!
Riallacciandoci a questo, con Ahmed abbiamo parlato tanto anche di allenamento, ma non soltanto legato alla parte sportiva, tu a livello di nutrizione e a livello mentale, come svolge questi altri tipi di allenamento? So che è una cosa che a chi ci segue interessa sempre molto: cioè, quello che si vede di te la parte fisica e atletica però abbiamo visto che anche seguire la parte di nutrizione e soprattutto mentale è fondamentale, ancora di più quando veramente vai full contact come fate poi voi del Karate Combat. Mi piacerebbe se tu ci potessi raccontare anche questi altri due aspetti della tua vita sportiva.
G: Allora partiamo dalla nutrizione: sono sempre stato avvantaggiato nel senso che ho una fisicità che mi permette di mantenere uno standard, ma io mangio veramente tanto, poi magari sotto gara cerco di stare attento. Mi segue un nutrizionista, Gabriele Pace, di Ostia, che periodicamente mi da consigli e cerchiamo di modificare qualcosa come integrazione aggiuntiva. Perché quando ti alleni tante volte, tutti i giorni e a volte magari anche due volte in un giorno, serve un po’ di integrazione. Diciamo che la genetica mi ha aiutato, ma un nutrizionista serve!
Per quanto riguarda il discorso mentale, la mia amicizia con Michele Giuliani è nata proprio per questo motivo: entrambi avevamo lo stesso mental coach, anche se poi sono stato seguito da altre figure.
C’è proprio qualcosa che ti rimane dentro, la meditazione fondamentalmente è stare a contatto con se stessi, quindi sentire quello che si prova durante gli allenamenti e durante la vita di tutti i giorni.
È soffermarsi e a volte anche stare soli, che non è un male stare soli: tutti i più grandi filosofi della storia dallo stare soli hanno tirato fuori le migliori perle, no? La meditazione è stare a contatto con le proprie emozioni, positive e negative, non trovare qualcosa che ci tenga occupati per non pensarci, ma capirle, assimilarle e uscirne più forti di prima. Io la vedo e la vivo in questa maniera. Riesco così, a vivermi bene sia i giorni precedenti al match, sia il giorno stesso, non ho ansie.
Poi in realtà bisogna capire perché si fanno le cose: devi avere una motivazione forte e non farle solo per assomigliare a qualcuno, perché non ci si riesce, perché siamo tutti diversi e, tutti, a modo nostro, speciali. Credo che il segreto sia essere sé stessi e rispettare ciò che si è.
A: Super, super! L’ultimo tuo incontro è andato ufficialmente in onda novembre se non sbaglio, quindi ti vorrei fare queste ultime due domande. La prima è: quando ti rivedremo nel pit? E la seconda: quali consigli daresti a chi si vuole approcciare, da atleta, per provare ad entrare in Karate Combat?
G: Credo che il prossimo match sarà tra aprile e maggio.
Per quanto riguarda l’avvicinamento al Karate Combat, credo sia importante avere un bel gruppo con cui lavorare insieme!
A: Io ti ringrazio tantissimo! Ci vogliamo assolutamente aprire a tutte le forme del Karate e il Karate Combat una è una di queste, magari avremo il piacere di ritrovarti dopo l’incontro se vorrei venire a commentarlo con noi!