Scopriamo cosa si cela dietro la vittoria di Budapest della squadra femminile di Kata. Ci hanno rivelato la canzone che gli ha permesso di Vincere gli Europei, e che quindi potrebbe tornarti comodo come carta segreta! Guarda o leggi subito l’intervista:
Alessio Sorrentino: Iniziamo con un bel riscaldamento nel senso vorrei che chiedesse un attimo gli occhi per riportarli indietro a quella che è stata la vostra vittoria a Budapest. Mi piacerebbe prendesse veramente tre secondi per ricordare quella che è stata l’ultima cosa che avete pensato prima di entrare sul tappeto. Io non mi immagino cosa possa pensare un atleta benché ci possa provare, ma qual è stata l’ultima cosa che avete pensato ciascuna prima di entrare sul tappeto della finale? Questa volta partiamo da Michela.
Michela Rizzo: Prima di entrare alla finale, onestamente, un po’ mi stava spaventando. Comunque l’ultima cosa che ho pensato è stato che essendo questa una cosa molto incostante, dovevo dare il meglio di me. Ho pensato soltanto a salire, a cercare di non pensare e concentrarmi su quello che avremmo fatto. È bello, perché sono momenti molto concitati. Non bisogna vivere per forza un europeo per avere l’adrenalina da gara, benché chiaramente sia incomparabile come valore. Tutti gli atleti che ho conosciuto prendono sul serio tanto la gara regionale quanto le europeo perché c’è proprio la voglia di voler fare bene. Nel kata, poi, c’è la componente di squadra che è un valore aggiunto.
Alessio Sorrentino: Bene, e invece tu, come hai vissuto questa esperienza?
Elena Roversi: Io in realtà l’ho vissuta come un’esperienza molto intensa perché era per me l’ultimo anno nella giovanile, nella nazionale giovanile. Quindi l’ultimo pensiero proprio prima di salire sul tatami era quello di dare quello che magari non ero riuscita mai a dare e volevo a tutti i costi portare a casa quella medaglia d’oro.
Alessio Sorrentino: E tu, quale è stato il tuo ultimo pensiero?
Orsola D’Onofrio: Beh, si potrebbe dire che per me differentemente da loro è stato il primo anno e tra l’altro era pure la prima volta che io mi sono presentata. Ho dato tutto insomma, non potevo fare altro. Prima di salire sul tatami mi sono data due schiaffi sulle gambe e ho detto “basta così, entra ed è tutto”.
Alessio Sorrentino: Per oliare queste dinamiche di squadra, immagino che ci voglia anche un affiatamento che va un pochino oltre che al tappeto. Avete qualche rito? Fate qualche attività che non sia solo il karate per cercare di creare questo affiatamento?
Orsola D’Onofrio: In realtà, niente di particolare nel senso non c’era un rito in particolare che facessimo. Però a differenza magari di altre persone che si concentrano troppo, noi secondo me siamo riuscite anche a sdrammatizzare un po’ la cosa. Quindi abbiamo cercato di pensare ad altro, magari ci trovavamo in camera e scherzavamo cercando proprio di distrarre l’attenzione, ovviamente concentrarci nei momenti in cui era richiesto. Però ecco, ci siamo messe a ridere, perché appunto ci divertivamo, prendevamo seriamente quando era ora, ma anche in modo tranquillo quando non era il momento.
Alessio Sorrentino: Bene, andiamo avanti. Ora invece si aspetta una missione se vogliamo più ardua. Molti dicono “c’è il kata e poi c’è il karate”. Ma io, come tutti quelli che amano il karate, dico che esiste un unico karate e tutti gli stili hanno eguale rispetto e dignità. Mi piacerebbe sapere perché un atleta si dovrebbe innamorare del kata. Michela, cosa ci sai dire su questo? Perché tu ti sei innamorata del kata?
Michela Rizzo: Da quando ero piccola ho sempre fatto kata e kumite e mi piacevano entrambi. Però arriva da un certo punto in cui ho dovuto scegliere e ho scelto il kata perché mi dava più sicurezza. Nel kata, se tu dai il massimo, vinci. Mi sono innamorata soprattutto per l’eleganza, la gestualità. Se uno conosce a fondo un kata riesce a comprenderne il perché, a viverlo come un film. E’ bellissimo perché se tu sei l’attore del kata devi interpretarlo come meglio puoi.
Alessio Sorrentino: Oggi in un mondo dove c’è la soddisfazione istantanea dai social, i like e quant’altro, ci vuole anche una componente dove ritrovare se stessi. Questo succede nello sport e in generale, però a volte penso che sia anche un po’ più difficile trovare le motivazioni nel kata proprio perché l’avversario il primo avversario se te stesso. Non so se anche a voi suona familiare questo.
Squadra: Assolutamente, assolutamente sì.
Alessio Sorrentino: E su questo, voi riuscite o comunque ogni tanto anche per divertimento, vi mettete i guantini opposte oppure no?
Michela Rizzo: No, anche perché dovete sapere io oggi nelle storie ho minacciato tutti quelli che non si sarebbero collegati dicendo che voi fate karate in generale quindi kata e kumite e chi non ci sarebbe presentato vi avrebbe trovato sotto casa.
Alessio Sorrentino: Bene, allora guardo un attimo i commenti. Vediamo di rispondere a tutte le domande che arrivano.
Alessio Sorrentino: Parliamo della squadra, il kata che vi riesce meglio, il kata che vi riesce peggio secondo Orsola.
Orsola D’Onofrio: Sì, siamo d’accordo, la parte con karateka noi abbiamo anche una parte di pubblico che è amante dello sport, magari delle forme, ma non pratica o non conosce la parte di bunkai.
Alessio Sorrentino: C’è qualcuno che può fare velocemente un excursus su quello che può essere il bunkai, per rendere meglio l’idea?
Elena Roversi:: In teoria il colpo non dovrebbe arrivare, si vuole tantissimo autocontrollo, anche se magari più delle volte per capire l’efficacia del colpo, si tende a cercare di avere un minimo di contatto. Un contatto che ovviamente non deve andare a far male all’avversario, assolutamente. Ma per capire anche questo tipo di impatto si può provare prima con dei colpi tori con delle protezioni, per non farsi male a vicenda. Il bunkai serve proprio per applicare le tecniche che si sono svolte prima, quindi per capire il significato di ciò che si fa, per renderlo un vero e proprio combattamento, sempre con molto autocontrollo e rispetto per l’avversario. A volte è più difficile andare a scaricare direttamente la tecnica, perché se io ho un sacco davanti, è chiaro che colpisco con tutta la forza.
Alessio Sorrentino: Avete una canzone in particolare che ascoltate prima di una gara o di un allenamento che vi dà carica e che potete consigliare agli altri?
Orsola D’Onofrio: Io ascolto sempre Imagine Dragons, non so se l’avete mai sentito. Non ha molte parole, ma è molto intensa, ti carica.
Michela Rizzo: Sono abbastanza fortunata perché comunque a casa ho diversi attrezzi, ad esempio comunque ho anche il Milan che è ottimo appunto per mantenermi in forma.
Elena Roversi: Anche io ho la fortuna di potermi allenare sia in casa sia nel giardino perché io abito in condominio ma comunque sono un assemblamento di più condomini e quindi abbiamo un giardino in comune.
Orsola D’Onofrio: Io sono fortunata, ho la possibilità di avere nello spazio e ho anche un garage dove insomma c’è anche stata mi quindi quando voglio fare un po di tecnica scendo giù.
Alessio Sorrentino: C’è un esercizio e proprio di te quando ve lo trovate davanti, guarda per favore fame né fare 10 al ti diverti ma questo no cioè no sinceramente?
Squadra: In realtà ci sto pensando forse un esercizio che si chiama monta in climb siamo in una posizione di plank alto è una scalata diciamo veloce.
Alessio Sorrentino: E tu, Orsola, come si svolge la tua giornata tipo?
Orsola D’Onofrio: Anche io mi trovo ad affrontare sfide simili a quelle di Michela e Elena. Anch’io frequento il liceo, però scientifico. Devo dire che è molto dura, però ormai sono al terzo anno e comunque uno riesce a prendere il giro, ci si organizza. Eccoti, molte volte mi trovo anch’io a studiare, anzi più delle volte studiare di notte. La differenza magari di Michela è che mi trovo meglio a studiare proprio di notte, alla sera. Quindi finito l’allenamento, torno a casa, mangio velocemente, e poi continuo a studiare in oltranza fino a che non decido che ho studiato abbastanza. Poi la mattina mi rialzo per ripassare. Secondo me, tutto sta nella capacità di organizzarsi.
Alessio Sorrentino: Hai qualche consiglio per gli atleti che ci stanno seguendo?
Orsola D’Onofrio: Sì, se posso dare un consiglio a chi ci sta seguendo, atleta magari, se è possibile cercate di non far niente subito dopo aver finito la scuola. Io uso questo metodo proprio per organizzare meglio la giornata, anche per non passare tutto il pomeriggio sui libri e poi andare in palestra senza aver riposato. Ho bisogno sempre di riposarmi un po’ nel pomeriggio, poi riprendo a studiare più tardi, vado in palestra e cerco di fare un buon allenamento. Purtroppo la vita da atleta richiede delle rinunce, per esempio io non esco con gli amici quando vorrei. E magari dico “una domenica è quella domenica” e poi piove. Molte volte, purtroppo, dietro ai successi ci sono tante rinunce. Non è soltanto la ribalta, quello che si vede sempre, ma c’è molto di più dietro.