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Karate (for) Kid: il karate, per crescere

Da dove cominciare con il Karate per bambini? qualche consiglio su come cominciare ad allenare i tuoi piccoli karateka

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Se è la prima volta che vesti i panni di allenatore (ma anche se lo sei già da un po’ di tempo), quando
entri in palestra e ti ritrovi davanti ad una moltitudine di bambini in karategi, la prima domanda che
sorge spontanea è “Da dove comincio?”

Se è così, stai tranquillo: oggi cercherò di darti qualche consiglio su come cominciare ad allenare i
tuoi piccoli karateka.

Sei pronto? Partiamo!

Il karate ritorna a Tokyo

Le Olimpiadi di Tokyo 2021 sono state un evento molto significativo sotto tanti punti di vista: un
segno di ripartenza dopo molti mesi di stop e forte stress, il ritrovo di centinaia di ragazzi e ragazze
che dedicano allo sport la loro vita e, per chi come me ha seguito i giochi da casa, motivo di grande
orgoglio nel ritrovare tanti atleti azzurri in gara per il proprio Paese.

Per noi karateka ha significato ancora di più.

Infatti, per la prima volta nella storia delle olimpiadi, il karate ha fatto parte dei giochi. E non in un
Paese qualunque, ma proprio in Giappone, la culla della nostra disciplina.
Si, è vero, finalmente il karate è arrivato alle Olimpiadi.

Ma io devo allenare i bambini non dei campioni da Olimpiade…

È vero ma lascia che ti dica una cosa.

Anche i karateka che hanno gareggiato alle olimpiadi, in un certo momento della loro vita, sono stati
bambini e atleti alle prese con i loro primi oi-zuki e mawashi-geri.

E uno degli elementi che di più fa la differenza nel raggiungimento di quell’importante traguardo è
senza dubbio l’allenamento.

L’allenamento

Per allenamento si intende “l’insieme delle tecniche che consentono ad un individuo la realizzazione
massima del suo potenziale genetico attraverso l’apprendimento di una corretta gestualità e la
razionale ripetizione di esercitazioni mirati a modificare l’equilibrio organico individuale per il ripristino
di un livello di efficienza superiore”. (Y. Verkoshansky)

Ok, una definizione un po’ complessa.

In parole più semplici, l’allenamento deve aiutarci ad esprimere tutto il nostro potenziale, a sostenere
uno sforzo fisico e mentale e a recuperare le energie spese in maniera ottimale.

Il nostro organismo vive in una continua situazione evolutiva, cambia e si plasma a seconda degli
stimoli che riceve dall’esterno (i cosiddetti stress).

Si ma lo stress fa male!

Leggi anche: Le abilità motorie nei bambini

Hai ragione, siamo abituati a sentire che la vita di oggi è stressante, che il lavoro è stressante e siamo
portati a intendere lo stress con un’accezione negativa.

Ma anche gli stimoli positivi si chiamano stress: tutti quegli elementi che, poco o tanto, ci allontanano
dalla nostra zona di comfort rappresentano uno stress per il nostro organismo.

L’allenamento è uno di questi stimoli positivi e, abbinato al riposo, contribuisce a migliorare il nostro
stato psico-fisico.

Ma non posso certo chiedere ad un bambino di eseguire esercizi che normalmente fa un atleta adulto!

Ancora una volta hai ragione.

Nell’allenamento è fondamentale aver sempre presente chi abbiamo di fronte e strutturare un
percorso adatto ai nostri atleti.

L’età

Spesso (soprattutto a chi come me inizia ad avere qualche anno sulle spalle) capita di pensare a
quanti anni abbiamo e a quanti ce ne sentiamo e scommetto che anche per te questi due parametri
non corrispondono.
Nella nostra crescita sperimentiamo modi differenti di percepire la nostra età.
C’è l’età cronologica, gli anni che effettivamente abbiamo; poi c’è l’età biologica, che rispecchia lo
stato di salute psico-fisica del nostro organismo; infine c’è l’età psicologica, che riflette le esperienze
di vita vissuta, la capacità di esprimere le nostre emozioni ed è quella più soggettiva.

Quando devi allenare un gruppo di atleti, la prima differenza che puoi notare è legata all’età
cronologica e già questo parametro ti aiuterà a creare sottogruppi di lavoro diversi.

Poi subentrano l’età biologica e quella psicologica. Ti capiterà sicuramente di individuare nello stesso
gruppo di bambini o ragazzi, alcuni già più maturi fisicamente; altri, invece, avranno maggiore
coscienza di sé e dimostreranno un grado maggiore di maturità psichica rispetto ai loro coetanei.
Non preoccuparti, non è ancora il momento di strutturare un allenamento specifico per ogni atleta.
Basterà affidare compiti adeguati e motivanti a tutto il gruppo. Se noterai che alcuni componenti
apprendono con maggiore facilità, potrai alzare la difficoltà ponendoli al fianco di chi, invece, ha
bisogno di un po’ più di tempo per imparare.
Per quanto impegno ci mettiamo, infatti, non sempre riusciamo a comunicare nella giusta maniera
con tutti i nostri allievi.
Affidare il compito di trasmettere alcune nozioni base ai loro compagni responsabilizzerà i nostri
ragazzi e permetterà al messaggio di arrivare più chiaro a destinazione.

Lo sviluppo

Implicito nelle varie età, lo sviluppo psico-fisico dei nostri bambini è un altro elemento fondamentale
da non trascurare.
Per eseguire un qualsiasi movimento (dallo schema motorio di base al gesto tecnico), ogni bambino
ha bisogno di sviluppare correttamente le basi strutturali (apparato muscolo-scheletrico,
cardiocircolatorio e nervoso e i sistemi anatomici e biologici) e quelle funzionali (maturazione
psichica, orientamento spazio-temporale, controllo posturale, ecc.).

E quindi?

Quindi ogni fase dello sviluppo richiederà una metodologia di allenamento diversa.
Fino ai 5-6 anni dovremo prediligere il gioco, lasciando che i bambini interagiscano tra di loro
acquisendo coscienza di sé, sia come individui, sia in relazione agli altri.

Punteremo sugli schemi motori di base (camminare, correre, saltare, lanciare, afferrare, arrampicarsi,
rotolare, ecc.) e sull’esecuzione dei movimenti in relazione allo spazio.

Nei seguenti cinque anni (fino agli 11 anni) potrai lavorare sul consolidamento delle capacità
raggiunte nella fase precedente e comincerai ad introdurre i primi gesti tecnici.

Noterai fin da subito una maggiore precisione dei movimenti, un incremento delle capacità
condizionali e le prime forme di collaborazione tra i ragazzi.

Entro i 14 anni noterai i primi veri cambiamenti nei tuoi atleti e, in questa fase, il tuo ruolo sarà molto
delicato.

Dovrai proporre spunti lavorativi nuovi e variegati, per permettere a tutti i tuoi allievi di esprimersi
liberamente e senza pregiudizio.
Inoltre, per molti questa fase coincide con il reset delle proprie capacità motorie. Sarà quindi
importante reimpostare l’allenamento per recuperare le condizioni psico-fisiche ottimali e potersi
concentrare sull’apprendimento delle tecniche intermedie in sicurezza.

Dai 15 anni fino alla maggiore età (e oltre), la crescita strutturale rallenta mentre aumentano le masse
muscolari; si sviluppa un diverso assetto psicologico tra maschi e femmine; migliorano le capacità di
apprendimento motorio.
Da qui l’allenamento può intensificarsi ed essere più mirato e finalizzato al gesto tecnico.
Potrai concentrarti maggiormente su parametri come la forza, la velocità, la resistenza, la mobilità
articolare.

Leggi anche: 13 motivi per scegliere il karate come sport

La centralità del gioco

Il bambino deve giocare allo sport, non praticare lo sport.
Non ricordo a chi appartenga questa frase e non me ne voglia se non lo cito ma non potevo non
riportarla, perché in poche parole riesce a rendere un concetto molto importante.
In un contesto come quello italiano nel quale l’educazione fisica e lo sport vengono poco considerati
nella programmazione scolastica primaria e ancor meno incentivati nei successivi gradi, la palestra, il
Dojo, un qualunque luogo adeguatamente attrezzato ad offrire la possibilità di fare sport diventa di
fondamentale importanza per la salute dei nostri ragazzi.
Se poi, abbiamo la fortuna di avere un buon numero di bambini che frequentano i nostri corsi, non
possiamo permettere alla nostra anima da agonista di prendere il sopravvento e partire subito alla
ricerca del campione.
Questo avrebbe un effetto negativo sui bambini, in primis, ma anche sulla nostra attività che
registrerebbe un alto tasso di abbandono.
Il nostro compito è promuovere e incentivare i nostri bambini e ragazzi a fare sport, non ad
allontanarvisi.
Ecco perché il gioco, nelle sue forme e sfaccettature, è così importante, soprattutto nei primi anni di
vita.
Il gioco contribuisce allo sviluppo affettivo ed emotivo del bambino perché giocare implica interagire
con gli altri coinvolgendo i processi di socializzazione e di educazione.
Insegna ai bambini a socializzare con gli altri e a rispettare le prime semplici regole di condivisione e
socializzazione.

Ok, ma allora li faccio giocare e basta?

No. Il gioco sarà la principale forma di allenamento nelle prime fasi della crescita ma potrai
differenziarlo, alternando giochi simbolici (che richiedano uno sforzo d’immaginazione) con giochi
funzionali (che favoriscano il problem solving).
E, come accennavo poco fa, gradualmente potrai alternarlo all’insegnamento dei gesti tecnici, da
quelli base a quelli un po’ più complessi.
Dovrai adattare l’argomento delle lezioni al processo di apprendimento dei tuoi allievi.

Conclusioni

Se sei arrivato fino a qui, ti faccio i miei complimenti!
Ti sei dimostrato curioso e ti sei messo in discussione: questo è lo spirito giusto per diventare un
bravo allenatore.
Quelli che hai visto sono solo alcuni degli elementi che bisogna comprendere per poter allenare e
insegnare karate.
E come avrai capito, quello dell’allenatore non è un mestiere facile e richiede studio, impegno e
dedizione.
Ma soprattutto, tanta tanta pratica!
Nel prossimo articolo approfondiremo le competenze didattiche e vedremo l’importanza
dell’osservazione.
Mi raccomando, non perdertelo!
Grazie per aver letto fino a qui, alla prossima!
OSU

 

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