Esso “mescola” ingredienti di vari campi (fisiologico, biomeccanico, psicologico, pedagogico, biochimico, anatomico, etc.) in un modo tuttavia differente (font. Wikipedia) e seleziona i movimenti sulla base della loro forma e della loro funzione proponendoli con l’intento di migliorare la forma e la funzione del corpo.
Ci sono forme varie e variabili di allenamento: la forma che più comunemente gli è attribuita è quella della comunissima seduta di allenamento.
Essa potremmo definirla come un container, un veicolo da carico e trasporto. Noi guidiamo un container che trasporta e trasferisce stimoli. Gli stimoli che il container trasporta possono essere:
- funzionanti (allenamento sviluppato secondo principi metodologici tradizionali, universalmente accettati) e indurre modificazioni biochimiche rilevabili;
- funzionali e agire su meccanismi cognitivi e neuromuscolari, con l’intento di ricordare i movimenti fondamentali; estrarre le risposte protettive (core stabilization), predittive (feedforward) e anticipatorie (feedback), più aderenti all’attività praticata.
Gli stimoli funzionanti comunicano stress fisiologici, quelli funzionali trasmettono input neurologici.
Si ritiene, convenzionalmente, che tali stimoli proposti dai due sistemi diversi, analitico il primo, funzionale il secondo, siano inconciliabili. I
In realtà, i due sistemi non sono antitetici, ma rappresentano due aspetti, sovrapponibili, dello stesso processo (Specific Adaptation to Imposed Demand – S.A.I.D. Principle) che da un lato vede il miglioramento del sistema (il primo con andamento verticale, ossia con aumento graduale e progressivo del volume e dell’intensità del carico) e dall’altro ne accresce l’adattabilità (il secondo, con andamento orizzontale, ovvero con ampliamento dell’orizzonte motorio).
Inoltre, il primo sistema somministra carichi allenanti, il secondo innalza la capacità di subire, sopportare e dirigere i carichi stessi (font. A. Andorlini).
A questo punto, dunque, risulta importante specificare in maniera più chiara il significato di funzionalità ovvero riuscire a rispondere perfettamente alle specifiche esigenze per le quali noi esseri umani siamo stati creati (font. Dizionario Enciclopedico Italiano).
L’effettuazione di un nostro qualsiasi movimento volontario, dal più semplice al più complesso, avviene, infatti, attraverso l’attivazione di una sequenza cinetica paragonabile ad una sorta di onda motoria che, generandosi da un nucleo centrato, solido e stabile, denominato “Core” si propaga, con la minima dispersione di energia, fino ai segmenti distali.
La funzionalità delle catene muscolari dipende appunto dall’attivazione sequenziale e coordinata dei vari segmenti corporei che consentono all’elemento distale di arrivare nella posizione più idonea con la velocità adeguata e con il giusto intervallo temporale (timing) per produrre il risultato desiderato.
L’azione sinergica delle catene cinetiche conferma l’esistenza di un dialogo interno che attraverso una precisa sincronizzazione sequenziale e consequenziale di contrazioni muscolari, favorisce, con l’utilizzo di movimenti globali, il corretto funzionamento di ogni parte del corpo attraverso una gamma pressoché infinita di schemi motori.
Allenare i muscoli separatamente utilizzando gesti analitici, settoriali e segmentari, frammentando e parcellizzando le azioni fino ad isolare le varie parti del corpo, provoca l’interruzione delle catene cinetiche, mentre allenare movimenti in modo integrale e coordinato migliora le funzioni delle catene cinetiche stesse. L’obiettivo dell’allenamento, quindi, dovrebbe essere rappresentato dal tentativo di integrare e coniugare le azioni educando i muscoli a lavorare in sinergia piuttosto che separatamente (regolazione dell’attività muscolare attraverso i centri sottocorticali). (font. F. Cuzzolin).
E’ bene specificare, infine, che la funzionalità di un soggetto, valutate le condizioni iniziali, è correlata al progressivo e bilanciato sviluppo di due aspetti tra loro interconnessi che riguardano quello muscolare (funzionalità muscolare) e quello articolare (funzionalità articolare), dove il primo rappresenta il rapporto tra forza e flessibilità, il secondo, invece, rappresenta il rapporto tra mobilità e stabilità dell’articolazione.
Allenare le abilità nella disciplina del Karate, in particolar modo in ambito della specialità del kata (forme) agonistico, significa specializzare la funzionalità di un’atleta che ha già automatizzato processi di base come il controllo del Core (muscoli anteriori, laterali e posteriori, fissatori del tronco) o della catena cinetica chiusa piede/bacino durante le fasi statiche e dinamiche degli esercizi tecnici (Kihon, Kata).
È importante, infatti, sottolineare come la correzione degli atteggiamenti viziati non debba essere ricercata tramite l’uso di contrazioni muscolari toniche volontarie (addirittura erroneamente corrette durante l’esecuzione tecnica), ma sia da ricercare nell’affinamento di percezioni propriocettive agendo sull’organizzazione dello schema corporeo nel periodo di impostazione dei prerequisiti funzionali e strutturali del soggetto a cui farà seguito quello dei presupposti coordinativi e condizionali.
Si tratta di effettuare un’educazione globale dell’atteggiamento basata sulla regolazione neuro-motrice automatica, che permetta di conseguire un atteggiamento posturale naturale, “plastico” ed economico dal punto di vista biomeccanico.
Questo non significa che non si debba mirare allo sviluppo di determinati distretti muscolari.
Un’adeguata tonicità della parete addominale e dei muscoli glutei, ad esempio, è la condizione minima affinché possano realizzarsi delle posture corrette.
Tuttavia, cercare di realizzare un atteggiamento corretto (posture e posizioni) attraverso la contrazione volontaria di alcuni gruppi muscolari determina solo rigidità e goffaggine.
La correzione deve avvenire partendo dall’immagine interiorizzata della postura. Cercando di ricreare gli equilibri appresi durante gli esercizi di percezione e differenziazione segmentaria, solo così si produrranno automaticamente le azioni muscolari necessarie e le tensioni opportune.