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Mobilità Articolare per il Karate

La guida completa alla mobilità articolare specifica per il karate: quanto è importante, fino a che età è possibile migliorare, test, i migliori esercizi per allenarla e molto altro.

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Se fai (o hai fatto) karate sai quanto è importante la mobilità articolare per noi karateka.

Ma fino a che età è possibile migliorare e come fare per allenare la mobilità?

Risponderò a queste e molte altre domande in questo articolo in modo da avere una visione chiara e completa sull’argomento mobilità e karate.

Importanza della Mobilità Articolare nel Karate

Tra tutte le capacità atletiche più importanti per il karate la mobilità è sicuramente una delle principali.

Come la maggior parte delle arti marziali infatti il karate fa grande uso degli arti inferiori, la mobilità articolare e la flessibilità muscolare sono quindi una caratteristica fondamentale da possedere e allenare se vuoi diventare un bravo karateka, sia che tu pratichi kata o kumite.

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Senza una buona dose di mobilità ti sarà impossibile eseguire molte delle tecniche e posizioni del karate, sia sportivo che non, inoltre non basta essere “un po’ sciolti” ma bisogna possedere un’ottima capacità di allungamento.

Il karate infatti ha bisogno di molta più mobilità di altri sport convenzionali, come gli sport di squadra. Che dire, essere sufficientemente slegati può non essere sufficiente.

Mobilità e Flessibilità

Finora ho parlato di mobilità e flessibilità come sinonimi, i più pignoli potrebbero rimproverarmi.

In effetti si parla di mobilità articolare, o articolarità, quando ci si riferisce al compartimento articolare, ovvero la conformazione ossea, legamentosa e capsulare.

Quando invece usiamo il termine flessibilità parliamo della capacità del muscolo e degli altri tessuti molli (ad esempio tendini e fascia) di rilasciarsi, allungarsi e successivamente tornare alla lunghezza di riposo.

Con il termine mobilità racchiuderò insieme questi concetti per esprimere in generale la capacità del soggetto di compiere movimenti con la massima ampiezza possibile, senza quindi tensioni, restrizioni e dolore.

La mobilità è la capacità del soggetto di compiere movimenti con la massima ampiezza possibile, senza tensioni, restrizioni e dolore.

L’articolarità è una caratteristica prettamente genetica, o legata a traumi e abitudini prolungate nel tempo. È quindi migliorabile solo in minima parte.

La flessibilità è anch’essa una caratteristica genetica, che però possiamo tutti migliorare con l’allenamento.

Chi quindi nasce con un blocco articolare difficilmente riuscirà a diventare molto mobile, viceversa chi nasce rigido a livello muscolare potrà migliorare anche di molto la sua flessibilità.

Mobilità Specifica Karate

Abbiamo detto che il karate è uno sport che richiede moltissima mobilità, ma non tutti gli sport sono uguali.

Qual è quindi la mobilità specifica per il karate?

Le articolazioni e i muscoli che in assoluto richiedono più mobilità nel karate sono:

  • Caviglia
  • Ischiocrurali
  • Adduttori
  • Anche

La caviglia, in particolare le flessione dorsale del piede (dorsiflessione) è imprescindibile per le posizioni di karate come lo zenku, il neko e il kokutsudachi. Essa è influenzata sia dalla componente articolare che muscolare (polpaccio).

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I muscoli ischiocrurali, come il bicipite femorale, e gli adduttori necessitano di essere flessibili ed elastici per poter svolgere posizioni profonde e calci ampi.

Per svolgere al meglio le tecniche di gamba però non basta avere muscoli sciolti, bisogna anche avere una buona mobilità articolare nelle anche, ovvero le ossa della coscia (femore) e del bacino (acetabolo) devono essere libere di muoversi senza impedimenti.

Test di Mobilità per il Karate

Ora che sai che la mobilità è fondamentale per noi karateka, e quali articolazioni devono essere più mobili, non ti resta che testare la tua mobilità (o quella dei tuoi allievi) per capire dove sono presenti rigidità e allenarti di conseguenza.

Ecco alcuni test specifici per il karate molto facili e veloci:

  • Active Straight Leg Raise
  • Angolo Divaricata Frontale
  • Dorsiflessione Caviglia
  • Sit and Reach

Se vuoi vedere nel dettaglio come eseguire questi test ho scritto un articolo dedicato proprio ai test di mobilità per il karate.

Fattori che Influenzano la Mobilità

Ogni articolazione del corpo ha un’ampiezza di movimento considerata normale, tuttavia ci sono grosse differenze tra persona e persona.

Ci sono infatti numerosi fattori, sia genetici, ambientali e comportamentali, che possono influenzare positivamente o negativamente l’ampiezza del movimento, o in inglese Range of Motion (ROM).

Tra queste abbiamo fattori genetici ed immodificabili:

  • Età (invecchiando si diventa più rigidi)
  • Sesso (i maschi sono più rigidi)
  • Tipo di articolazione
  • Struttura ossea circostante

E fattori modificabili:

  • Elasticità del tessuto muscolare (capacità del muscolo di rilassarsi e contrarsi per ottenere il massimo ROM)
  • Temperatura (al caldo si è più flessibili)
  • Affaticamento o traumi
  • Stato psicologico (lo stress può rendere momentaneamente più rigidi)
Leggi anche: A Cosa Serve il Warm-up nel Karate?

Fino a Che Età è Possibile Migliorare la Mobilità?

Come ben sai chi inizia a praticare karate da bambino è molto più portato ad avere un’ottima mobilità rispetto a chi inizia da adulto.

Questo perché i maggiori miglioramenti di mobilità e flessibilità si ottengono proprio in tenera età.

Inoltre ci sono persone che fin dalla nascita sono più sciolte e flessibili di altre, ma non disperare, chiunque può migliorare la propria mobilità.

Contrariamente a quanto molti pensano infatti è possibile migliorare, anche di molto, la propria mobilità e flessibilità a qualsiasi età.

Esatto, bastano pochi minuti di stretching tre volte alla settimana.

E ti dirò di più, se l’unico modo che ti viene in mente per migliorare la mobilità è proprio lo stretching, oggi ti mostrerò altre valide alternative, altrettanto efficaci e specifiche per il karate.

Vediamo quindi come fare.

Come Migliorare la Mobilità?

Esistono molti modi per aumentare la propria mobilità e flessibilità, divisi in metodi attivi e passivi, statici e dinamici.

Ecco che cosa vuol dire e che tipi di esercizi ci sono per migliorare la mobilità:

  • Attiva: L’allungamento avviene ad opera dei muscoli antagonisti al gruppo allungato
  • Assistita: Come prima ma con assistenza di un partner o di uno strumento. Può essere fatto se i muscoli sono deboli o quando il movimento causa disagio
  • Passiva: Il partner o l’apparecchiatura muove l’articolazione attraverso il raggio di movimento senza alcuno sforzo da parte del paziente
  • Statica: si mantiene la posizione di allungamento fino a sentir diminuire la tensione
  • Dinamica: si usano movimenti controllati o rapidi come slanci per superare la propria barriera di massimo allungamento

Tra i metodi di allenamento della mobilità più utilizzati troviamo sicuramente lo Stretching, il PNF e gli allungamenti balistici (più tutte le loro varianti).

Stretching Passivo

Lo stretching è un metodo di allungamento statico che prevede di mantenere la posizione di allungamento per almeno 30 secondi, fino anche a diversi minuti.

La gravità, o un compagno, ci aiuterà a mantenere la posa di allungamento senza che noi dobbiamo faticare.

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Durante questo tempo infatti è importante respirare in modo lento e controllato, cercando quindi di rilassare il corpo il più possibile in modo da guadagnare piano piano qualche grado di movimento, sempre senza superare la soglia del dolore, ma fermandosi ad una sensazione di fastidio sopportabile.

Essendo una metodologia molto semplice, sicura e a bassa intensità è adatta sia per i principianti sia per soggetti molto rigidi.

Per ottenere risultati è consigliabile fare stretching tutti i giorni e mantenere l’allungamento da 30″ (minimo indispensabile) a 1-2′ e ripeterlo per 3 serie.

Migliorare oltre un certo limite solo con lo stretching statico talvolta è difficile, questo perché il corpo ha “paura” del nuovo ROM e quindi blocca l’allungamento muscolare per evitare uno strappo. Ecco quindi alcune valide alternative per superare i tuoi limiti:

Proprioceptive Neuromuscular Facilitation – PNF

La facilitazione neuromuscolare propriocettiva (PNF) è una delle migliori metodiche per migliorare la propria mobilità.

Chiunque può usarla, anche se è molto intensa e difficile da applicare con i bambini, per questi motivi la consiglio a chi ha già esperienza di allenamento della mobilità e per un massimo di 2-3 giorni alla settimana.

Inoltre è possibile usare il metodo PNF da soli ma spesso avere un compagno è consigliabile, bisogna infatti alternare allungamento-contrazione-allungamento per sfruttare un meccanismo di rilassamento del muscolo (riflessi neuromuscolari dei fusi e degli organi tendinei del Golgi) e allungarlo oltre la sua normale capacità.

Funziona così:

  • Portare il muscolo in allungamento fino alla sensazione di fastidio per circa 20-30 secondi
  • Rilasciare leggermente l’allungamento per 5″
  • Effettuare una contrazione isometrica, dei muscoli precedentemente in allungamento, contro una resistenza esterna (compagno, pavimento o muro)  per circa 5 – 20″
  • Rilassare e tornare in allungamento per circa 30″
  • Ripetere questa sequenza 3-5 volte
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Una volta raggiunto il blocco tipico dello stretching si esegue una contrazione dei muscoli che “imbroglia” il cervello e lo costringe a rilassare il muscolo precedentemente contratto in modo involontario per proteggerlo dai danni di un eccessivo allungamento.

Esistono anche alte tipologie di allungamento che utilizzano una contrazione muscolare per migliorare i guadagni di flessibilità, vediamo quelle principali.

Stretching Attivo

A differenza dello stretching passivo, dove la posizione è mantenuta grazie alla gravità o a un compagno, nello stretching attivo si contrae volontariamente un muscolo per allungarne un altro.

Sono un amante e sostenitore di questo metodo, ecco perché.

Nello stretching passivo ci concentriamo esclusivamente sull’allungare un muscolo. Ma sappiamo bene che se non sono abbastanza mobile per eseguire un movimento le cause potrebbero essere 2:

  • rigidità del muscolo da allungare (agonista) che rimane contratto e si oppone all’allungamento
  • debolezza del muscolo opposto a quello da allungare (antagonista) che non riesce quindi a portare in allungamento l’agonista.

Pensiamo ad esempio di dover tirare un calcio mae-geri, il quadricipite e l’ileopsoas si contraggono per caricare il ginocchio al petto e stendere la gamba in avanti, contemporaneamente la parte posteriore della coscia deve rilasciarsi e allungarsi. Se non riesco a stendere la gamba quindi di chi è la colpa? Sono debole o sono rigido? Per esperienza vi dico che è sempre una combinazione dei due.

Con lo stretching attivo quindi andiamo a lavorare su entrambi i problemi, ovvero rinforzo il muscolo antagonista e contemporaneamente allungo l’agonista.

Essendo una metodologia più faticosa dello stretching passivo consiglio di mantenere ogni posizione di allungamento per 10-20″ per 3-5 ripetizioni e altrettante serie.

Leggi anche: É più importante la mobilità o la stabilità nel Karate?

Allungamento Balistico

L’allungamento balistico è spesso dimenticato perché considerato dannoso ed inefficace.

Questa metodologia è simile allo stretching attivo ma sfrutta un’accelerazione/molleggio per aumentare ulteriormente l’allungamento.

Nello stretching balistico infatti si applica un’accelerazione ad un movimento, ad esempio facendo degli slanci rapidi e lasciando oscillare la gamba più in alto possibile senza bloccare il movimento, in modo da sorpassare il proprio limite di mobilità ottenuto con lo stretching passivo.

Se ci pensi non è molto differente da tirare un calcio di karate: riusciresti a fare un calcio completo andando lentamente? Forse sì, ma prendere velocità aiuta sicuramente.

L’allungamento balistico è quindi un metodo specifico per il karate.

E anche se non lo sapevamo lo usiamo continuamente in maniera involontaria, eseguire dei calci di karate infatti è molto simile a fare questo tipo di allungamento.

Per ottenere risultati si consiglia di fare almeno 20-40 molleggi per 3 serie. La cosa importante che differisce dallo stretching passivo e il PNF è che prima dobbiamo eseguire un buon riscaldamento o comunque progredire con molta gradualità per evitare spiacevoli infortuni dovuti ad un allungamento eccessivo improvviso.

Allenamento con i Pesi

Un altro metodo non convenzionale e spesso sottovalutato per migliorare la mobilità è l’allenamento con i pesi.

Esatto, hai capito bene! Uno dei benefici non conosciuti dell’allenamento con i pesi è proprio l’aumento di mobilità.

Molti degli esercizi classici della preparazione atletica infatti sfruttano un principio simile allo stretching attivo, ovvero rinforzano un muscolo contemporaneamente allungandone un altro.

Come si suol dire: prendere 2 piccioni con una fava.

Se quindi non hai particolari rigidità che ti impediscono di effettuare tali movimenti puoi semplicemente usare l’allenamento con i pesi per aumentare indirettamente la tua mobilità, se invece hai necessità di un allungamento maggiore o sei troppo rigido per eseguire in sicurezza tali esercizi allora converrà cominciare con altre tipologie di allungamento.

3 Punti Chiave per Fare Stretching

1. Fastidio Non Dolore

Scegliere la corretta intensità da mantenere durante l’allungamento è fondamentale.

Se troppo comoda e leggera non avrà alcun effetto, viceversa se troppo intensa e dolorosa avrà un effetto contrario ovvero il muscolo risponderà contraendosi (e non allungandosi) per proteggersi da eventuali danni.

Scegli quindi un esercizio e un’intensità che ti permetta di sentire fastidio ma non dolore. Mantieni la posizione (o effettua il numero di ripetizioni) come spiegato precedentemente in base al tipo di esercizio.

2. Respiro e Rilassamento

La respirazione è parte integrante dello stretching.

Basta pensare che il corpo quando vuole proteggersi si contrae e rimane in apnea (ti rimando al punto precedente per capire quanto “doloroso” deve essere lo stretching).

Ecco, l’obiettivo dell’allungamento è esattamente l’opposto, ovvero cercare di rilassarsi il più possibile per riuscire ad allungare il muscolo.

Prendi aria dal naso in 3″ e butta lentamente fuori l’aria dalla bocca in 5″. Mentre lo fai cerca di percepire il corpo che si rilassa. Ogni volta che espiri dovresti riuscire a guadagnare qualche grado o mantenere la stessa posizione con meno fastidio.

3. Costanza

L’allenamento deve essere dosato accuratamente: troppo tutto insieme e si rischia di farsi male, troppo poco e di rado e non si otterrà alcun effetto.

Per lo stretching vale lo stesso, meglio quindi fare poco ma in maniera costante.

3 serie, 5-10 minuti al giorno tutti i giorni è quanto ti serve. Fare ore e ore di allungamento una volta al mese invece non darà i frutti sperati.

Stare tanto tempo senza fare allungamento, magari usando anche posture scorrette durante il resto del giorno non fa altro che abituare il corpo a irrigidirsi.

Una filosofia che mi piace molto seguire è:

Use it or Lose it.

Che semplicemente vuol dire: se non lo usi lo perdi.

Fare stretching tutti i giorni serve per far capire al corpo che quell’ampiezza di movimento è richiesta, naturale e sicura. Viceversa se non fai mai allungamento stai dicendo al corpo che non ti serve essere così tanto mobile e anzi, meglio essere rigidi per prevenire allungamenti eccessivi che potrebbero portare a strappi.

 

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